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Roma Covid, pronto il piano per i mini-lockdown in palazzi e quartieri

Dall’allarme della task force della Regione in caso di focolai in palazzi, complessi residenziali e quartieri, all’ordine della Prefettura alle forze dell’ordine di chiudere le zone rosse. Alle indagini dei medici per risalire a tutti i contatti positivi

Condomini, complessi residenziali, rioni e perfino interi quartieri trasformati in zone rosse. Uno scenario possibile alla luce del continuo aumento di contagi e di nuovi cluster che fino a oggi hanno provocato la chiusura di cittadine e paesi alle porte di Roma, ma che presto potrebbe diventare realtà anche nella Capitale. È tutto pronto, tutto collaudato ormai da più di sette mesi, con la Regione e l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato che hanno già annunciato la possibilità, nemmeno poi tanto remota, di fare ricorso a chiusure localizzate per circoscrivere focolai che altrimenti, in una città di quasi tre milioni di abitanti – senza contare gli altri due in provincia, fra litorale e hinterland – potrebbero espandersi in maniera difficile da controllare.

L’autunno è alle porte, la situazione è già ben diversa rispetto a qualche settimana fa. Si attendono i primi responsi sul fronte contagi collegati all’inizio dell’anno scolastico: i casi quotidiani si sono ormai attestati su una media di duecento, più della metà proprio a Roma. Ecco quindi che il piano per le zone rosse assume un significato particolare e concreto. Niente di diverso tuttavia da quello che è già accaduto più volte attorno alla Capitale, da Nerola e Rocca di Papa, fino a Campagnano, con la riapertura dopo qualche giorno dei centri abitati, fino a quel momento presidiati dalle forze dell’ordine. Ma certo, pensare a realtà urbane, con intrecci di strade, palazzi, esercizi commerciali di ogni genere, potrebbe far venire i brividi. Tanto più che gli allarmi potrebbero perfino sovrapporsi in zone diverse.

Ma al nono piano del palazzo della Regione in via Cristoforo Colombo, dove ogni giorno alle 13 si riunisce la task force coordinata dall’assessorato alla Sanità, alla quale in teleconferenza partecipano rappresentanti di Asl, ospedali ma anche forze dell’ordine e della Protezione civile, viene sottolineato come una situazione di questo genere non sia soltanto prevista, ma anche studiata nei minimi dettagli affinché tutto vada per il meglio. E allora il piano prevede una prima segnalazione proprio dalla task force, che ha il polso di quello che accade dappertutto nella Regione e quindi anche a Roma e in provincia, di uno scenario più preoccupante degli altri, di un cluster da eliminare subito, che viene recepita dalla Prefettura. Da Palazzo Valentini, dopo un’attenta valutazione, potrebbe quindi scattare l’ordine di intervento immediato di tutti gli enti incaricati di mantenere l’ordine pubblico: polizia, carabinieri, Finanza, Esercito, vigili urbani, pompieri e Protezione civile – ciascuno con aliquote di mezzi e personale adeguate alle circostanze e all’ampiezza del territorio da cinturare, vengono inviati sul posto per presidiare la zona. Blocchi totali, in entrata e in uscita, salvo diverse disposizioni, come è ad esempio accaduto in primavera in cittadine vicino a Roma dove ci sono state alcune categorie di lavoratori autorizzate a spostarsi.

Chiusure a tempo, ermetiche o elastiche, a seconda dello scenario, alle quali si aggiungerebbero le attività di monitoraggio e contact tracingsvolte dal personale sanitario, ormai addestrato sul campo ad affrontare i focolai, anche quelli più complessi. Un sistema collaudato per contrastare l’espansione del coronavirus, capace di seguire gli spostamenti del contagio, di saltare da un cluster familiare a qualcosa di più vasto, analizzando tutti i contatti delle persone positive, non solo in ambito domestico ma anche lavorativo o più semplicemente ricreativo. Se necessario l’intera popolazione residente.

E in questo senso la collaborazione dei volontari della Protezione civile (a Roma ci sono oltre 4mila donne e uomini in servizio per conto di alcune decine di gruppi autorizzati) è molto importante: è infatti ipotizzabile in caso di zona rossa (come è del resto già successo) che scattino anche provvedimenti di chiusura di alcune attività commerciali e che ci siano persone che non potranno uscire di casa. A quel punto la distribuzioni di medicinali e generi di prima necessità assume un’importanza fondamentale se rapportata alle dimensioni di un rione o di un quartiere. La speranza è che non si arrivi mai a prendere una simile decisione, ma l’evoluzione dell’emergenza Covid ha insegnato che nulla è come sembra e tutto può succedere nell’arco di pochissime ore.

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