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“ I polmoni di mio figlio nel petto del 18enne salvato dal covid col trapianto”

La mamma di Davide Trudu, 30enne morto in un incidente in Sardegna: «Ho chiamato i suoi tre fratelli, erano d’accordo con me. Ora vorrei abbracciare chi vive grazie a lui» 

«Sarebbe felice, Davide, di sapere che grazie a lui altre persone sono vive. Era generoso e sensibile. Mi piacerebbe abbracciarli un giorno, perché so che in loro vive anche mio figlio». Ignazia Sanna è la mamma che ha voluto donato gli organi del figlio. Davide Trudu, aveva 30 anni, ha chiesto un passaggio ad un amico che guidava un trattore; un sobbalzo su una buca, caduta rovinosa, coma irreversibile. Francesco è il nome (di fantasia) del ragazzo, 18 anni, che ha nel petto i polmoni di Davide: in fin di vita a Milano, devastato dal coronavirus, 12 ore in sala operatoria, primo intervento di trapianto bilaterale in Europa, ora respira da solo. «Siamo in contatto con uno della sua famiglia, ci aggiornano continuamente, sappiamo che sta meglio, c’é voglia reciproca di conoscerci e quando sarà possibile incontreremo Francesco».

Gli altri organi donati

Sarà così anche per gli altri quattro malati che hanno avuto in dono il cuore di Davide (una donna sarda, 39 anni), il fegato (un emiliano, rischiava di morire se il trapianto non fosse stato effettuato in 24 ore) e i reni, due persone di Carbonia e Nuoro. A Francesco i polmoni sono stati trapiantati il 18 maggio. Ai primi di marzo i segnali del Covid-19, febbre alta; il 6 marzo crisi respiratorie e ricovero al San Raffaele in terapia intensiva, subito intubato; due settimane dopo il collasso ai polmoni e il collegamento alla Ecmo (ossigenazione extracorporea). A metà a aprile situazione disperata, trasferito al Policlinico, poteva salvarlo soltanto un trapianto. Ed è partita la ricerca affannosa di un donatore, ovunque in Italia.

L’incidente

Il 16 maggio alla periferia di Samassi (Medio Campidano) Davide Trudu ha incontrato l’amico in trattore: «Mi dai un passaggio?». «Monta su». Davide lavorava in campagna, prima del lockdown ha partecipato alla raccolta dei carciofi, poi è rimasto chiuso in casa ad ascoltare musica e a far progetti, al telefono, con Simona, fidanzata da due anni. Tutto svanito in un attimo: la caduta, l’elicottero del 118, la telefonata dall’ospedale di Cagliari: «Non ci sono più speranze, ma…». Davide ha tre fratelli, Maike, Giada e Nicolò. «Li ho chiamati, erano d’accordo per donare gli organi — ha subito deciso Ignazia, 48 anni, marito scomparso sette anni fa — se per lui non si poteva far nulla, che almeno una speranza potesse darla ad altri».

fonte corriere.it

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