Italia

Buttate a terra le mascherine e i guanti? Ve li ritroverete nel cibo che mangiate

Durante la fase 2, solo in Italia, serviranno circa 1 miliardo di mascherine e mezzo miliardo di (paia di) guanti al mese. Se solo l’1% delle mascherine non venisse smaltito correttamente e si disperdesse in natura, avremo 10 milioni di mascherine al mese sparse nell’ambiente.

Un’infinità di microplastiche che finiscono nelle acque delle fognature, dei fiumi, dei mari, e una volta lì, vengono ingerite dai pesci e crostacei che le scambiano per cibo. E così le microplastiche tornano da noi, nei nostri piatti, aggiungendosi ai 250 grammi di plastica a settimana che ingerivamo già prima del Coronavirus. Come mangiarsi una carta di credito a settimana. E il danno sull’ambiente e sull’ecosistema dei nostri mari, sarebbe incalcolabile.

Finiremo per mangiarci le mascherine. Sembra una battuta sulla crisi economica degli italiani invece è ciò che accadrà se si continuerà a convivere con il Coronavirus ignorando l’ambiente. 

Il Politecnico di Torino prevede che durante la fase 2, solo in Italia, serviranno circa 1 miliardo di mascherine e mezzo miliardo di paia di guanti al mese. Se solo l’1% delle mascherine non venisse smaltito correttamente e si disperdesse in natura, avremo 10 milioni di mascherine al mese sparse nell’ambiente. Vedendo le mascherine e i guanti gettati a terra un po’ ovunque nelle nostre città, un assaggio c’è già stato, ma una volta a terra, che fine fanno? Si frammentano in microplastiche e finiscono nelle acque delle fognature, dei fiumi, dei mari. Una volta lì finiscono nei pesci e nei crostacei, che le ingeriscono scambiandole per cibo, plancton. E così, tornano da noi, nei nostri piatti. 

Intendiamoci, quanto a plastica, già prima del Coronavirus, mangiavamo l’equivalente di una carta di credito, oltre 250 grammi di plastica.

A dirlo era stato lo studio No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People dell’Università australiana di Newcastle e commissionato dal Wwf, che combinava i dati di oltre 50 precedenti ricerche. La ricerca ha confermato contaminazioni di microplastiche nella birra, nel sale, nel pesce e nei frutti di mare, ma soprattutto nell’acqua, sia di rubinetto che di bottiglia. La maggior parte delle microplastiche ingerite sono più piccole di 5 millimetri e si trovano soprattutto nelle acque, sia in quelle di superficie che in quelle delle falde.

E se l’università australiana sembra troppo lontana, basta farsi una gita alla foce del Po, a Pila, in provincia di Rovigo. Dopo avere percorso 652 chilometri, ogni minuto il Po scarica nel mare Adriatico oltre 7 chilogrammi di microplastiche, che diventano 465 kg all’ora, 11 tonnellate al giorno, e più di 4mila tonnellate all’anno.

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Numeri impressionanti, frutto del primo monitoraggio delle acque fluviali realizzato l’anno scorso, prima del Covid, in occasione del Keep Clean and Run, un’iniziativa nata nel 2015 per contrastare l’abbandono di rifiuti in natura.

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